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UN PEZZO SCOPERTO IN ALBANIA RIVOLUZIONA LE CONOSCENZE SUL GIOCO: “NON E’ UN’INVENZIONE INDIANA”

Scacco al re, la prima mossa fu degli europei

Una piccola statua lunga quanto un dito, tutta in avorio, decorata da una croce, il corpo ovale come per facilitare la presa, sepolta tra i resti di un palazzo bizantino: è un pezzo degli scacchi, utilizzato nel VI secolo d.C. e destinato a rivoluzionare alcune idee sulla storia di questo gioco. La scoperta è avvenuta a Butrinto, nel Sud dell’Albania, dove da nove anni un team di archeologi inglesi e albanesi (finanziato dalla crema dell’aristocrazia britannica, lord Rotschild e lord Sainsbury di Candover) sta lavorando sul porto. Fu un crocevia di traffici e commerci conquistato da chiunque abbia voluto avere nei secoli il controllo dell’Adriatico: greci, romani, bizantini, veneziani e infine ottomani. “Non sappiamo se la statuetta rappresenti un re o una regina”, dice Richard Hodges, direttore archeologico della Fondazione di Butrinto. Hodges, specializzato in archeologia della tarda antichità e del medioevo, il periodo migliore per dare il giusto valore alla statuetta. Ha chiamato in soccorso due esperti come Sandy Heslop e John Mitchell della “School of world art studies and museology”. Nessuno ha avuto dubbi: gli archeologi di Butrinto possono affermare con certezza di avere fra le mani il pezzo di scacchi più antico, un pezzo del 465 d.C, utilizzato 500 anni prima degli altri finora ritrovati. La regina (o il re) di Butrinto dimostra che in Europa si giocava a scacchi 700 anni prima di quanto ritenuto dagli storici. La piccola statuetta alta quanto un dito riesce, dunque, nel difficile compito di restituire lustro agli antichi giocatori del Vecchio Continente, finora considerati inesistenti. E rimette in discussione le scarse e fumose informazioni disponibili sulle origini degli scacchi. A prestare ascolto alle poche notizie certe, gli scacchi nacquero in India, nel Nordovest, nel quinto secolo dopo Cristo, un secolo prima rispetto alla regina di Butrinto. A quell’epoca risalgono le prime menzioni sul gioco, in alcuni poemi. Non vi sono altri dettagli su chi fu folgorato lungo la via degli scacchi, e come e quando. Di quel gioco si conosce soltanto il
nome in sanscrito: Chaturanga. Si sa anche che le regole non erano le stesse di oggi. Due eserciti combattevano l’uno contro l’altro con cavalli, fanti, elefanti e carri da guerra. E vi era la tabula di 64 case, futura scacchiera. Nel secolo seguente re, fanti e torri conquistarono, come in un’immaginaria partita, la vicina Persia e di lì a poco i paesi arabi. Nel mondo musulmano il gioco appassionò tutti, ricchi e poveri, soldati e contadini. A giocare erano anche i califfi: i loro maestri di scacchi occupavano un posto di rilievo nelle corti, e venivano colmati di doni e ricchezze. Meno osannati potevano essere coloro che osavano battere i califfi, qualcuno ci rimise pure la vita. Non esistendo alcun divieto nel Corano, e non essendo un gioco in alcun modo licenzioso, dietro le scacchiere si cimentavano anche le donne arabe: brave, anzi molto brave, nelle poesie veniva cantata la loro abilità nel confondere gli avversari con sguardi e parole ammiccanti. Finora l’Europa non compariva sulla scena, e meno ancora sulla scacchiera, prima del X secolo. Solo allora il lento cammino verso occidente di re, fanti e torri approdava alle grandi corti inglesi, tedesche e francesi. O almeno questo si riteneva fino all4improvviso riemergere della statuetta di Butrinto. Su quali navi e attraverso quali avventure sia giunta fino alle coste dell’Adriatico nessuno è in grado di dirlo. Ma gli esperti si preparano a riscrivere i primi capitoli della storia degli scacchi.